Amilcare Ponchielli era stato,
nella sua prima giovinezza, assai duramente trattato dagli uomini e
dalla fortuna. Basta vederlo; basta osservare la sua rude e buona
fisionomia; basta scambiare
due parole con lui, perché subito vi avvediate non esser
egli uno di quegli artisti ai quali sogliono di preferenza sorridere i
favori della società cincischiata e del mondo ufficiale. La
pompa delle esteriorità ripugna agli ingegni sodi
ed alle schiette nature. Inabili alla cortigianeria, gli uomini della
tempra di Ponchielli non sanno neanche vestirsi di quella falsa
modestia che giova tanto ai mediocri per rendersi accetti in certe
sfere. Fidenti nel proprio valore, essi sdegnano le strategie;
consapevoli della propria potenza, essi contano esclusivamente su
questa, per conquistare il successo. La lotta sarà
più ardua, più lunga; ma quanto più
lusinghiera, quanto più completa la soddisfazione del
trionfo l Deploriamo la sorte di coloro - e sono forse il maggior
numero - che soccombono combattendo, o muoiono scorati nella solitudine
.e nell'oblio. Al bravo Ponchielli non era serbata una tale sventura.
Qualcuno si sovvenne (in tempo utile), che un atleta dell'arte,
ingiustamente respinto dai teatri e dai conservatori, consumava
melanconicamente in Cremona la sua intelligenza vigorosa negli esercizi
più spietati che una città di provincia possa
infliggere ad un maestro. Quando il Ponchielli venne per la prima volta
a Lecco, la sua eccentrica figura, improntata di arguta bonomia,
appariva circondata da un'aureola. Era l'aureola del successo. Il
mondo, questo ente collettivo, così cieco, così
ingiusto, così stolto, suol avere,
come gl'individui più ottusi e più tristi, i suoi
lucidi intervalli. I sentimenti più elevati pajono d'un
tratto, in tali fuggitive ricorrenze, comunicarsi per virtù
elettrica ad ogni ordine di persone. Alla cecità generale
succede la generale chiaroveggenza. Tutti riconoscono, in presenza di
un uomo e di un fatto, che una grande ingiustizia fu commessa, che vi
ha una riparazione da compiere.
E una splendida riparazione fu data dal mondo al Ponchielli. Una bella
sera, dopo la rappresentazione d' una sua opera giovanile, sepolta da
oltre due lustri nell'oblio, l'oscuro capobanda di Cremona era uscito
dal teatro Dal Verme col diploma di grande maestro. La città
di Milano echeggiò del suo nome. All'indomani
dell'avvenimento i cronisti intuonarono il peama, i critici sfoggiarono
tutta la suppellettile dei punti ammirativi, i sindaci si scambiarono;
telegrammi, le onorificenze si incrociarono sul petto dell'artista
acclamato, e i negozianti di musica, non mai schivi dal riconoscere il
genio quando fiutano il lucro, investirono l'autore
dei Promessi Sposi colle più laute profferte.
Uscito illeso dai lauti simposi e dal fragore delle acclamazioni,
Ponchielli, nell'ambiente calmo e sereno del territorio lecchese,:
potè ricomporre il suo spirito esagitato dalle sorprese
della fortuna. Per assaporare le grandi gioie, l'anima
ha bisogno di isolarsi. In presenza delle severe montagne, delle acque
azzurre irradiate dal cielo, alle vertigini del successo, sottentravano
deliziosamente nell'anima dell'artista i melanconici ritorni sul
passato e le nobili ambizioni dell'avvenire. Sul teatro del romanzo che
gli ricordava silenziosamente un grande trionfo, Ponchielli meditava i
Lituani. E frattanto, innamorato dei luoghi, egli vagheggiava un
idillio di arte e di amore che doveva bentosto realizzarsi. Infatti,
dopo alcuni mesi di assenza, il Ponchielli ricomparve a Lecco
accompagnato dalla donna gentile alla quale si era unito in matrimonio.
La giovine sposa, artista anch'essa nel midollo, era quella Teresina
Brambilla che aveva tanto contribuito al successo dei Promessi Sposi,
cantando al teatro Dal Verme la bella parte di Lucia. L'albergo del
Porto ebbe l'onore di accogliere all'indomani delle nozze, e di
intrattenere durante la prima fase della luna di miele, la coppia
meglio assortita che mai rallegrasse lo sguardo ed il pensiero di un
osservatore.
Quanta omogeneità di caratteri, di sentimenti e di
aspirazioni! Spettacolo raro a vedersi - un maestro acclamato che non
posa da genio, e una cantante di cartello che fuori del teatro non si
atteggia a prima donna assoluta. Passeggiavano estasiati in quell'ameno
labirinto di viuzze, dove ad ogni piè sospinto pajono ancora
disegnarsi le figure del padre Cristoforo, di Renzo, di Don Abbondio e
dei bravi. Associando ai ricordi del romanzo quelli dell'opera musicale
che era stata per entrambi un trionfo d'arte ed un fomite di dolcissimi
affetti, sostavano colle mani allacciate alla casuccia
di Renzo, si assidevano al deschetto di Lucia, parlando in versi o in
gorgheggi. Al Tonio che dirigeva quelle escursioni toccava spesso di
dover rappresentar la parte di Gervaso, e i casti abitatori di Acquate
debbono a lui saper grado se le estasi dei due sposi recenti si
contennero mai sempre nei limiti dello stile manzoniano più
corretto.
Si prende amore ai luoghi ed alle persone, pel sovvenire dei piaceri o
delle sofferenze che ci hanno dato. Il Ponchielli aveva raggiunto a
quell'epoca il colmo della felicità. La fortuna, incontrando
in una stretta viuzza il meditabondo capobanda di Cremona, avea dovuto
abbracciarlo di forza e trarlo seco fino agli sbocchi di un
più largo cammino. Ecco di qual maniera l'autore dei
Promessi Sposi, dei Lituani e della Gioconda, s'innamorò del
territorio lecchese e vagheggiò la idea di erigervi la sua
dimora. Partì, s'intrattenne a Palermo, vide Napoli,
Venezia, Roma, Firenze - degli incantevoli panorami si svolsero al suo
sguardo; la squallida grandiosità dell'agro romano fasciato
dal Tevere, il Vesuvio, le
splendide notti di Sicilia, le infinite ondulazioni del mare lo
rapirono di entusiasmo. Una villa Ponchielli, evocata dalla fantasia,
dev'essere sorta sovra ogni lembo d'Italia dove l'arte o la natura
abbiano un' espressione di grandiosità solenne o di
simpatica mestizia. Ma eran ville che sfilavano nella
volubilità di un cervello, per svanire, col fumo della
vaporiera, dietro un treno di ferrovia.
Le alture del Gianicolo, Posillipo, la piazzetta di San Marco non
valgon dunque la cime ineguali del Resegone, le
arcadiche selve e le flebili cascatelle del Magnòdeno? Come
farfalla al lume, Ponchielli dovette ritornare al paese. Qui aveva
vedute ed amate le prime montagne, e queste gli avevano comunicato,
come ad un indigeno, il mal sottile della nostalgia.
Abitò dapprima il palazzo che fu già di
Alessandro Manzoni, il Caleotto. Strana coincidenza! Tre anni prima, in
quel medesimo appartamento il povero Petrella aveva gioito quattro mesi
di vita sibaritica, consumando in anticipazione il magro reddito de'
suoi
Promessi Sposi. E vedete come sieno capricciosi i giochetti della
sorte! Se Petrella non avesse preso a tema di una sua opera il celebre
romanzo del Manzoni, forse il Ponchielli, sudante e anelante sotto un
grave cappotto, dovrebbe ancora oggidì comprimere gli
scrosci delle sue rabelesche risate dinanzi ad un assessore municipale
di Cremona, fatto allo stampo di colui che, anni sono, dopo uno
stupendo saggio di sinfonia dato dalla banda, gli dichiarò
che non si era punto soddisfatti di lui, perchè le oficleidi
e
le trombe non erano lucidate a dovere.
Fatto è che i Promessi Sposi di Petrella ricordarono e
richiamarono a vita quelli del Ponchielli - e nella casa dove il
Manzoni aveva pensato il romanzo, due maestri si succedettero, l'uno ad
esaurire gli ultimi spiccioli del suo patrimonio melodico, l'altro a
vagheggiare, dopo un primo trionfo, delle più ardue
conquiste.
Pel corso di sette anni, durante la gestazione dei Lituani, della
Gioconda, dei Figliuol Prodigo e dei Mori di Venezia, Ponchielli
impiegò le sue ore d'ozio a misurare e scandagliare dei
terreni. Si trattava di scegliere la posizione più adatta
alla costruzione del suo casino di campagna. Quante oscillazioni,
quanti pentimenti, quanti dubbi, quante paure. Uno dei caratteri
più spiccati di. questa mente lucidissima, così
aperta alle intuizioni di ogni bello e d'ogni vero, è la
irresolutezza, la quasi morbosa diffidenza dei propri
criteri. Se una ferrea volontà non si fosse imposta a quelle
incessanti oscillazioni, oggi Ponchielli non vedrebbe compiuta la
bianca villetta torreggiante, alla quale non mancano, per animarsi, che
gli arpeggi di un pianoforte e i trilli di una simpatica nota. La
gloria d'aver intrattenuto a Barco l'autore della Gioconda spetta
dunque esclusivamente all'oste Giuseppe Invernizzi, detto il Davide.
Tratto
dall'articolo "Barco" di Antonio Ghislanzoni, scritto e pubblicato dai
giornali nel settembre dell'anno 1880.
l'intero pezzo lo potete
trovare qui:
BARCO
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Villa Ponchielli - Ecco come sta
morendo un pezzo della nostra storia
Gianfranco Scotti
LA PROVINCIA DI COMO
21/02/2009
Gianfranco Scotti, delegato provinciale del Fai,
denuncia lo stato di abbandono della villa: «Doveva diventare
museo della Scapigliatura»
Un sopralluogo recentemente fatto a Villa Ponchielli a Maggianico ha
messo in evidenza la drammatica situazione in cui versa uno degli
edifici più rappresentativi della città, legato
alla memoria di uno tra i più popolari compositori italiani
che questa casa volle costruirsi nel 1880 per trascorrervi le
villeggiature estive e autunnali, affidandone il progetto a un valente
architetto lecchese, Attilio Bolla, autore anche della monumentale
villa Gomes e dell'ala "umbertina" aggiunta al Teatro della
Società nel 1884.
E' assolutamente inaccettabile che un patrimonio storico e ambientale
come questo (il parco, bellissimo, di pertinenza della villa
è ancora più grande di quello della adiacente
villa Gomes) sia lasciato al suo destino da una Amministrazione
Comunale che dopo averlo rilevato dagli Istituti Airoldi e Muzzi in
condizioni ancora decorose, non ha fatto nulla per salvarlo dal degrado
e dall'abbandono, nemmeno l'ordinaria manutenzione, così che
ora l'edificio si sta avviando a divenire un rudere, con persiane
bloccate da assi inchiodate, porte sprangate, una finestra all'ultimo
piano aperta così che quando piove l'acqua entra nella casa
con le conseguenze che si possono immaginare.
Tutto ciò è semplicemente vergognoso, e ci si
chiede come sia possibile che si lasci andare alla malora un bene di
primaria importanza senza che nessuno dei nostri Amministratori si
ponga il problema di che cosa fare di Villa Ponchielli, senza mai che
un Consigliere abbia fatto un'interpellanza per conoscere le intenzioni
del Comune, ma prima ancora ci si chiede perché in tutti
questi anni non si sia mai fatta una manutenzione ordinaria che
preservasse dalla rovina l'edificio. Questa incuria è la
dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, del disinteresse dei nostri
Amministratori per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio
storico della città, per la salvaguardia dei giardini e dei
parchi che formano una unità inscindibile con le ville di
pertinenza, e basti citare i casi di villa Berera al lungolago e della
villa ex Caldirola a San Giovanni, i cui giardini sono stati aggrediti
da nuove costruzioni che ne hanno irreversibilmente stravolto la misura
e l'armonia, il tutto consentito da norme del Piano Regolatore vigente
che mai si è pensato di modificare.
Nel caso di villa Ponchielli siamo di fronte a una proprietà
comunale, ossia a un bene che appartiene a tutta la città e
che la pubblica Amministrazione ha il dovere di tutelare, restaurare,
valorizzare. Si dirà che mancano i fondi per metter mano al
restauro della villa. A parte il fatto che quando davvero si vuole i
fondi si trovano, e ne abbiamo molteplici esempi, è
indispensabile come prima misura provvedere a quegli interventi che
assicurino la conservazione del bene, indipendentemente dalla
destinazione che gli si voglia dare. Da anni si parla (e si straparla)
di costituire a Maggianico, e proprio in Villa Ponchielli, un museo
della Scapigliatura.
La nostra città ha avuto la fortuna di legare il suo nome a
una stagione artistica che ha lasciato un'orma profonda nella musica,
nella poesia, nella pittura del secondo Ottocento, un movimento che,
nato a Milano, ha vissuto proprio qui, a Maggianico, alcuni momenti
importanti quando, grazie al Ghislanzoni, alcuni significativi
esponenti della cultura del tempo, dai musicisti Gomes, Ponchielli,
Cagnoni, Catalani, Appiani ai direttori d'orchestra Mancinelli e
Rivetta, al tenore Tamagno, agli scrittori Fontana e Praga, ai pittori
Bignami, Fontana, Dell'Orto, allo scultore Bazzaro, qui convenivano
attratti dalla rinomata cucina dell'oste Davide Invernizzi. Se ne
giovò anche Lecco con il suo Teatro, nel quale furono date
in prima esecuzione diverse opere liriche, fra le quali, memorabile, "I
Promessi Sposi" di Errico Petrella nel 1869, su libretto del
Ghislanzoni.
Qualsiasi altra città non si sarebbe lasciata scappare una
ghiotta occasione come questa per attirare visitatori, appassionati,
ricercatori, realizzando un percorso rievocativo di quella lontana
stagione culturale grazie alla presenza delle ville di Gomes e
Ponchielli e in quest'ultima allestire un Museo della Scapigliatura,
ricercando cimeli e documenti che in parte sono già di
proprietà comunale e in parte si possono rinvenire sul
mercato antiquario mentre in alcuni casi ci si può
accontentare anche di una copia.
In una casa non lontana dalla nostra città, tanto per fare
un esempio, è conservato il pianoforte sul quale Errico
Petrella ha composto "I Promessi Sposi" e questo potrebbe essere un
cimelio non di poco conto da esporre in un Museo, una volta acquistato
dagli attuali proprietari, così come a Villa Gomes si trova,
già di proprietà comunale, il pianoforte di Carlo
Gomes.
Ci sembra poi che sarebbe auspicabile un contatto con la
città di Cremona (Ponchielli era nato a Paderno Cremonese)
per stabilire una possibile collaborazione con Lecco a proposito della
villa che a Ponchielli appartenne al fine di ricercare congiuntamente
idee e spunti per l'utilizzo e la valorizzazione dell'immobile legato
alla storia di Lecco ma anche a un illustre figlio di Cremona. E'
evidente che le soluzioni si possono trovare, sempre che ci sia la
volontà di farlo. Ma occorre fare presto perché
lo stato attuale della villa è allarmante. L'Amministrazione
Comunale ha il dovere di farsi carico del destino di villa Ponchielli,
sottraendola a un degrado di cui non possiamo che vergognarci.
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Gli studenti della 3a E
della scuola media di Maggianico (Istituto Comprensivo Lecco 4) nel
marzo 2012 hanno realizzato una pagina per il quotidiano "Il
Giorno" che contiene una notizia positiva su Villa Ponchielli, l'inizio
dei lavori di restauro.
Gli studenti:
Sonia Arrigoni, Giacomo Bolognini, Giulia Cattaneo,
Ilaria Cattaneo, Raffaele Cogliati, Andrea Commodano, Lorena De Rocchi,
Claudia Frigerio, Luca Frigerio, Lorenzo Gnecchi, Daniele
lazo, Federico Mainetti, Matteo Malighetti, Valentina Panzeri, Chiara
Pappalardo, Alessander Rusta, Ester Tavola, Michele Torri, Ilaria
Ventrice, Jie Zheng Qian, Min Zheng Qian.
Le insegnanti: professoresse Tiziana Verga e
Concetta Ferraro.
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la storia infinita...
Scapigliatura. un museo a Villa Ponchielli
Finalmente una buona notizia.
A breve inizieranno i lavori a Villa Ponchielli, abbandonata e consegnata
al degrado dopo anni di incuria, di disinteresse, di colpevole oblio.
Quando l’Amministrazione comunale acquistò la villa dagli Istituti riuniti
Airoldi e Muzzi, ai quali era stata donata dagli ultimi proprietari, i
Gerosa Crotta, l’edificio si presentava in ottime condizioni di
conservazione. L’acquisizione al patrimonio comunale di un bene storico e
architettonico come la villa che Ponchielli si fece costruire a Maggianico
nel 1880 su progetto dell’architetto Attilio Bolla, fu un’operazione senza
dubbio intelligente e meritevole di encomio.
Assieme alla contigua villa Gomes, anch’essa
firmata dal medesimo architetto, la casa del popolare musicista cremonese
che qui, si tramanda, compose la famosa “Danza delle Ore” da “La
Gioconda”, la sua opera più famosa, è la testimonianza di una felice
stagione della storia lecchese, quella legata alla Scapigliatura, un
movimento nato a Milano nella seconda metà dell’Ottocento, inveratosi non
solo nella musica, ma anche nella letteratura, nella pittura, nella
concezione di un’arte che rifuggiva dai paludamenti, dalla retorica,
anticonformista e animata da uno spirito di ribellione nei confronti della
cultura tradizionale e del buonsenso borghese. Richiamati dalla sanguigna
personalità di Antonio Ghislanzoni, molti esponenti di questo affascinante
mondo culturale convennero a Maggianico che per diversi anni diventò la
meta preferita di scrittori, poeti, musicisti, pittori, tutti innamorati
della quiete e della bellezza bucolica di questo agreste paesello alle
porte di Lecco. L’inclusione nel patrimonio comunale di villa Ponchielli
aveva dato adito alla speranza che si ponesse finalmente mano alla
valorizzazione di una pagina assai rilevante della storia della città,
allestendo nella villa, per esempio, un museo della Scapigliatura, che
raccogliesse cimeli, documenti, oggetti, ritratti, dipinti legati agli
artisti del movimento, come Ghislanzoni, Gomes, Ponchielli, Braga,
Cagnoni, Petrella, del quale nel Teatro di Lecco fu rappresentata l’opera
“I Promessi Sposi, nel 1869, e poi Mascagni, Puccini, Catalani, l’editore
Ricordi, il pianista Appiani (sepolto a Maggianico), i letterati Fontana,
Praga, il direttore del “Corriere della Sera” Eugenio Torelli Viollier,
l’editore Treves, i pittori Bignami, Carcano, Dell’Orto, Bazzaro e
moltissimi altri, nomi di primo piano nel panorama culturale italiano che
qualsiasi città sarebbe onorata di celebrare e di annoverare fra le glorie
del suo passato, investendo risorse e energie finanziarie per promuovere
la conoscenza di un movimento che tanto ha contato nella storia artistica
del nostro Paese, una storia che si è intrecciata con la nostra, con
figure alle quali dobbiamo riconoscenza e gratitudine.
E’ davvero incredibile che nulla sia stato fatto
in tutti questi anni per dar vita a un progetto forse ambizioso ma
assolutamente doveroso nei confronti di una realtà storica tanto
intimamente legata alla nostra città, così come è imperdonabile che villa
Ponchielli non abbia mai ricevuto una seppur minima manutenzione che la
preservasse dal disfacimento. Tutte le amministrazioni che si sono
succedute hanno lasciato che l’edificio divenisse rifugio di disperati,
hanno permesso che gli infissi venissero divelti e hanno abbandonato al
suo destino un patrimonio storico acquisito con pubblico denaro. Ora si è
deciso di intervenire e naturalmente meglio tardi che mai anche se è amaro
dover constatare che restaurare un edificio tanto compromesso comporterà
esborsi non di poco conto, conseguenza di una incuria che è purtroppo la
costante, e non solo da noi, delle pubbliche amministrazioni.
Resta aperto il problema della destinazione
futura di villa Ponchielli, una volta sottratta al degrado. Riprendere in
considerazione l’ipotesi di farne un museo della Scapigliatura, non sembra
un’idea peregrina, coinvolgendo nella realizzazione soggetti non solo
locali, ma anche studiosi del movimento della Scapigliatura, censendo nel
contempo il materiale che dovrà confluire nel museo.Sarebbe questo il modo
migliore per valorizzare una testimonianza di alto profilo culturale e per
recuperare un edificio che, con la contigua villa Gomes, racconta episodi
e figure che hanno lasciato una traccia profonda nella storia del
territorio lecchese.
Gianfranco Scotti
da "La Provincia
di Lecco" di martedì 16 agosto 2016 (articolo
originale) |