Non
c'è essere vivente e mangiante, il cui animo non si schiuda
al calore delle buone
pietanze.
RABELAIS
Le Gazzette hanno pubblicato il menù del
pranzo che la sera (con precisione dalle 20,40 alle 22,30 [a tavola non
s'invecchia] del 5 ottobre dell'anno di grazia 1977, in Venezia,
è stato offerto alla principessa Margaret dal "Reid Taylor"
[casa di mode, internazionale].
Eccolo:
Consommé alla madrilena - branzino
"in bella vista" con salsa tartara - "sovrane" di pollo alla piemontese
- SaintHonoré" alla gondoliere - Vini: Friuli - Champagne
Francese.
II pranzo è stato servito nella fastosa cornice di Ca'
Pesaro, cioè nel centro della splendida architettura
scenografica ch'era stata creata tre secoli fa dal Longhena per i
"Grandi" dell'aristocrazia veneziana. Attualmente, dopo tanto fluire di
secoli gloriosi, la Ca' Pesaro è (vedi contrasto!) un Museo
di arte moderna.
II menù, per la verità sobrio ma raffinato, ha
richiamato alla mia mente altri menù, molto diversi, di
pranzi o meglio banchetti (così li chiamavano) dei tempi
passati in parte della "belle époque". Giovanni Aondio
(allora rinomato) del "Caffè Garibaldi", sito in quel locale
che anni fa è stato assorbito dal negozio Bertinotti, via
Roma (sulla destra di chi guarda) ne lasciò una valanga,
scritti su cartoncini, di formato "standard", nella maggioranza almeno,
magari incorniciati da svolazzi stile "liberty" ch'è tornato
di moda, come dimostrano a Milano la palazzina Liberty e la piazzetta
Liberty, per un inconscio omaggio al verso oraziano "multa renascentur
quae jam cecidere". Una volta (lui era morto) ne chiesi conto al
figlio, che, dopo l'aprile 1945, visse una vita mortificata e
solitaria, perché poveretto, era stato, lui piuttosto
mingherlino, una "marcia su Roma" (al quale proposito,
poiché tale qualifica dava alcuni vantaggi, in un certo
momento, ci fu un numero illimitato di "marce su Roma", com'era del
resto avvenuto a riguardo dei MILLE di Marsala, i quali, quando il
Governo elargì un premio a loro favore, diventarono...
centomila!) ed egli mi confessò di averli tenuti per un po',
ma di averli in seguito buttati via. Gliene dissi un carro e una
sporta, perché aveva distrutto documenti, sia pure "sui
generis", di usanze e di costumi di un'altra epoca, aventi sue
caratteristiche, delle quali era utile serbare la memoria.
Io, dei banchetti, ai quali partecipai in gioventù (sui
"cermenatiani" gli avversari facevano dell'ironia, battezzandoli
banchettòmani, o qualche cosa di simile, magari in dialetto,
e noi si rispondeva che anche gli antichi filosofi greci, come Socrate
e Platone amavano i banchetti, però chiamandoli
più elegantemente "conviti", oggi definiti pranzi solenni o
sontuosi, (vedi il dizionario Devoti-Oli) mentre nell'antica Grecia il
significato era diverso, perciò non c'era nulla di
riprovevole se noi banchettavamo) dei banchetti ai quali partecipai in
gioventù, dico, ho conservato un certo numero di
menù. Taluni, invece, di menù (che è
la forma italianizzata, con l'accento su l'ù, del vocabolo
francese "menu" che non comporta, ovviamente, accento) recano
più italianamente LISTA (sottinteso di vivande e di vini)
anche in epoca nella quale non c'era ancora il fascismo, che fece fuoco
e fiamme perché venisse abolito il ricorso a parole di
lingue estere. Ma, se riuscì a far digerire "autista" al
posto di "chauffeur" (in dialetto lo storpiavano in "ciaffoeur" non
potè mettere al bando "goal" diventato "gol", "rally"
tennis, "volée", termine proprio del tennis, ecc.
Taluni sono menù niente affatto straordinari, anzi piuttosto
comuni e banali, e se li ricordo gli è per la causa che li
provocò, e cotesti li lascio nella penna, "pardon" nella...
macchina per scrivere, ahimè straniera, cioè una
ADLER.
Altri invece sono molto... sostanziosi: taluni addirittura sontuosi,
talaltri perfino raffinati. In generale sono scritti a mano oppure
stampati con quegli apparecchi, con i quali si riproduce un certo
numero (non molte) di copie (poligrafi). Parecchi (quelli importanti,
per un verso o per l'altro) sono stampati con caratteri tipografici
fuori del comune o con inchiostro rosso (non c'era nessuna allusione
politica, perché non esistevano né "Brigate
rosse", né "Ombre rosse" et similia); ma per lo
più con inchiostro nero. A quelli stampati con diversi
procedimenti accennerò, quando verranno al taglio.
Dò però in anticipo l'esempio, la "lista" del
pranzo offerto dall' "Albergo Fonte Bracca" il 17 settembre 1911, ore
12, ai partecipanti al XXX Congresso geologico nazionale, presieduto da
Mario Cermenati, nella sua qualità di presidente della
"Società Geologica Italiana" (e che fu sapiente regista del
Congresso, avendo avuto l'accortezza di fare in modo che agli studi
severi sulle rocce delle nostre famose montagne e sui "fossili" di
Esino si alternassero, a svago e sollievo, pranzi, "vulgo" banchetti,
eccellenti e qualche "divertissement", come gite sul lago, grande
luminaria e fuochi di artificio in talune serate distensive)
è addirittura in forma di libretto di otto facciate del
formato cent. 23 per 15, di elegante carta a mano, color avorio. Nella
prima, campeggia il "cliché" della fonte dalla quale sgorga
a torrenti l'acqua minerale "Bracca"; la seconda e la terza sono
"bianche", sulla quarta sono stampati il nome dell'albergo, quello del
suo direttore (tale Luigi Rotoli - nulla però
andò a... rotoli) data e ora. Sulla quinta (la "bonne page"
come dicono i tipografi di Francia) finalmente è stampata la
lista:
Consommé "Orleans" - trottelle
(sic!) della Serina al burro - costolettine di cappone in bella vista -
uccelletti alla bergamasca - "Charlotte" alla napoletana - pasticceria
- formaggi e frutta - caffè e liquori. Vini: Capri bianco -
Chianti Valle d'oro - Lacrima Christi - Falerno e Barolo - Champagne.
Scusate tanto, ma mi viene ancora l'acquolina in bocca nel ricordare a
tanti anni di distanza quel pranzo famoso, alla fine del quale fu data
la stura, dopo il classico salto dei tappi delle bottiglie di
"Champagne" ai brindisi, di cui addirittura travolgente fu quello di
Cermenati.
I cartoncini dell'epoca anteriore alla guerra 1915-1918 sono quasi
tutti ricchi di svolazzi, come s'è detto, taluni
però confesso, anche molto "kitsch".
Per esempio, - quello del sabato grasso dell' 11 marzo 1915 aveva in
testata l'effigie di tre belle figliole, riprese mentre stanno per
portare alle delicate boccucce tavolette di cioccolato. Sfido! era la
"réclame" di un noto cioccolato al latte di una "Company
anglo-suisse", denominato Lucerna, "delights the whole world", ossia
"issi die ganze Welt" ossia "delizia del mondo intero.." L'elegante o
meglio con la pretesa di essere tale, cartoncino era stato stampato
niente meno che dalla "W. Hagelberg Akt. Ges (cioè, Aktien
Gesellschatl che significa società anonima o per azioni) di
Berlino!
La lista era stata suggerita e perfino scritta da me, ve la propino:
Ravioli in brodo capponi (grassi come il sabato
idem lessati, con accessorii varii - carciofi al parmigiano (supposto
che ce ne sia di autentico) - filetti di dove ai ferri, spruzzati con
burro di acciughe - insalata di stagione (perciò... brutta,
si era nel "marzo pazzo") - formaggi (raccomandabile il Locatelli) -
frutta - pasticceria... mauritana.
La pasticceria cioè era stata offerta da Cesare Mauri,
ch'era della nostra comitiva, composta di famose forchette, la quale
usava tutti gli anni radunarsi di carnevale per formare una mascherata
e fare... bisboccia.
Dopo questi "anticipi" procederò secondo l'ordine
cronologico.
Ma eccoci al primo, che combinazione, è quello che, fra
tutti, fu presentato nella forma più artistica in occasione
del "banchetto dei Tiratori" tenutosi all'"Albergo delle Miniere" di
Introbio (scomparso da molti anni) il 6 agosto 1911 a coronamento di
una grande gara di "Tiro a segno".
È un cartoncino di color avorio, che si apre esso pure come
un libretto; la lista è stampata sulla terza facciata:
Salato - pastina al consommé - pollo
a (sic!) lesso - fagiolini ai burro (si dovrebbe dire 'col burro') -
arrosto di vitello verdura della Valsassina - dessert. Vino unico:
Bardolino.
Sulla facciata dipinse magistralmente all'acquarello un
cavaliere cavalcante uno scalpitante destriero in "posizione di tiro al
volo" il pittore Piero Todeschini di Cortenova, figlio di Giovanni
Battista (autore del celebre ritratto dello Stoppani, conservato nel
nostro palazzo municipale) che scambiò quel "tiratore
borghese" per Buffalo Bill. Egli si fece un nome per la sua
straordinaria eleganza di disegnatore, di "cartellonista" e di
caricaturista. Era alto, bello, con la moschetta sul mento; mi fu
cordiale e caro amico. Morì immaturamente, forse
ròso, come Mallarmé e Verlaine, dall'alcool.
Figuratevi con quale cura ho conservato questo menù, sul
quale una gentile ed elegante signorina di Milano, Carlesia Longa, che
più tardi sposò un altro mio grande amico, Carlo
Frassi, schizzò con bella scrittura il suo autografo. Costei
aveva un po' stupito i valligiani perché era molto truccata
e vestiva la "jupe-culotte", moda lanciata da Parigi e copiata
dall'abituale veste delle odalische turche.
Di quell'epoca è un altro menù con un elenco
formidabile (per la sciccheria) di piatti:
Consommé Julenn - Filets de barbue
portugaise - egréfin hollandaise - poulets au cresson -
gigot de monton (per un refuso è scritto "monton") - dessert
- Vini: Saint Emilien 1902, Chateau Laffitte, Champagne.
Più corretta sarebbe stata la grafia "potage è la
Julienne": però non si poteva, come del resto ancor oggi non
si può pretendere dagli "chefs" la perfezione linguistica:
l'importante era, ed è, che in cucina sappiano creare
degli... "chefs... d'oeuvre". Les filets de barbue (rombo) accompagnati
dalla salsa olandese (aigrefin, non "agrefin") erano eccellenti. Dopo
il pesce, che nei pranzi classici precede sempre le carni, furono
serviti due piatti di queste, cioè il pollo e il cosciotto
di montone, tradizionale piatto francese. 13 inutile descrivere la
qualità, boccate, profumo dei vini che furono serviti con
perfetto... "gemellaggio" con le vivande, e che un "sommelier"
versò in quell'occasione nei bicchieri, o calici che
fossero, adatti per ogni tipo del "liquore di Limo".
Il pranzo, offerto in onore di personaggi stranieri (ecco la ragione
della stampa in francese del menù) venne consumato presso il
ristorante San Michele (gli hanno stupidamente cambiato nome,
com'è capitato all'antica pasticceria risalente nientemeno
al 1810 sito al di là del ponte Azzone Visconti proprio alla
destra della stradina che portava al colle omonimo, meta allora di gite
domenicali e notissimo per la sua tradizionale Sagra (29 settembre)
descritta dallo Stoppani e dipinta da alcuni pittori. Il ristorante era
assai rinomato e poiché alle sua spalle si stendeva un vasto
giardino, ricco di aiuole e di frondose piante, vi erano organizzate
d'estate feste di ballo, accompagnate da una delle orchestrine che
erano numerose nella Lecco d'un tempo. Ai miei verd'anni ne erano
proprietari i Galli, prosapia di ristoratori, uno dei quali Stefano,
altro mio buon amico, era anche pittore di vaglia.
Se quel pranzo fu prelibato nelle portate e squisito nei vini tutti
francesi, in omaggio agli ospiti. definirò addirittura
sontuoso il "Banchetto d'onore" (testuale sul menù) offerto
dal Municipio di Lecco la sera del 10 settembre 1911 in onore di quel
centinaio e passa di geologi qui convenuti, come nell'esordio ho
già detto, per il loro XXX Congresso. Leggete e...
gustate:
Consumato alla reale - Trota dell'Adda, con
salsa hollandaise e mayonnaise - Vino: Soave bianco secco - Prosciutto
di Kork (veramente sarebbe: York) all'Italiana - Quaglie in gelatina -
Vino: Valpolicella - Dindiette faraone allo spiedo, insalata romana -
Vino: Sassella vecchio - Gelato nazionale, pasticceria - frutta - Vino:
Grande spumante Cinzano - Caffè e liquori di grandi marche,
come cognac Napoleon, Grand Marnier, Bénédectine,
Triple sec Cointreau.
Il banchetto (i congressisti si dimostrarono
dei... Gargantua, perché l'aria fine delle nostre montagne
gli aveva aguzzato l'appetito) fu servito nel salone superiore
dell'Hotel Croix de Malte et Italie (allora era ancora chiamato
così) faciente parte della "Società Alberghi di
Lecco", insieme con l'"Hotel Mazzoleni" ed il "Grand Hotel Belle Vue au
Lac". Diresse il servizio lo stesso direttore della Società,
cioè il signor Giuseppe Mazzoleni, detto "Polin"
perché rosso in viso, come i bargigli del tacchino (in
dialetto appunto "polin"). Il menù stampato con caratteri
dorati su un elegante cartoncino bianco, era diciamo così,
apprezzabile anche sotto l'aspetto tipografico. In testa si scorge il
panorama di Lecco visto dal poggio di San Michele, cioè
dall'alto, ancora col ponte a co' del quale ci sono le due piccole
rocche a tutela dei ponti levatoi.
Alla sinistra, sempre in alto, sono raffigurati lo stemma di Lecco e
immediatamente sotto, in fondo, il ritratto di Antonio Stoppani, il cui
spirito magno aleggiava sul Congresso dei "seguaci sui", studiosi della
terra e della sua storia, svoltasi per milioni e milioni di anni,
attraverso sconvolgimenti immensi. Un ramo di ulivo (con l'ulivo,
nell'antica Grecia, si premiavano gli Olimpionici, ossia i vincitori
delle varie tenzoni, comprese quelle poetiche) faceva spicco dietro il
medaglione del grande geologo. Ben ordinata la disposizione dei
"camangiari" e delle bevande, collocate subito sotto la testata su
descritta. A sinistra la indicazione delle vivande, a destra di lato
quella dei vini. In "sovraimpressione" figura in inchiostro rosso
l'intestazione XXX Congresso Geologico Nazionale.
Le "Arti grafiche lecchesi" Magni-Peppel (il primo, Giuseppe,
tipografo, il secondo, Carlo Augusto, litografo) ce l'avevano messa
tutta per "confezionare" un lavoro all'altezza della situazione...
geo-gastronomica.
Il giorno dopo, ossia l' 11 settembre, altro banchetto in onore dei
Congressisti, però a Tartavalle, offerto quella volta dallo
"Stabilimento idroterapico di Tartavalle", "condotto" da tale Pompeo
Vitali.
Cartoncino molto simile a quello del banchetto di Lecco, col medesimo
medaglione dello Stoppani, il ramo d'olivo, però un po'
più grande, gli stessi caratteri tipografici, i caratteri
potevano essere dorati con lo stesso inchiostro... dorato. Di diverso,
la veduta, in calce, dello stabilimento di Tartavalle.
Per quel che riguarda il menù, se non fu del livello di
quello del pranzo di Lecco, fu pur sempre ragguardevole.
Risotto alla Tartavallese - pollo alla
Valsassinese - controfiletto e vitello arrosto - insalata bellanese -
formaggio "Bel Paese" - zuppa inglese - caffè. Vino della
Fattoria Borghese.
Come si vede, lo chef, in omaggio al "Bel
Paese", usò cinque parole con l'ultima sillaba in ese, tanto
per far la rima. Non ci riuscì però con
l'arrosto, perché non esiste la parola "arrostese"; tuttavia
avrebbe potuto scrivere del "vitel le arrostite fese". Altra
osservazione.... postuma, molto postuma (sono trascorsi sessantasei
anni!): l'"insalata bellanese" non mi sembra che fosse registrata nel
"Gotha" delle insalate. Si conoscevano allora la "romana", la
"trevigiana", la "Chioggia", il "lattughino", il "lattugone",
l'"indivia" (attenti proto a non comporre invidia), il "radicchio" ecc.
ecc.; ma non la "bellanese". Comunque, quando c'è la
salute...
Del banchetto alla "Fonte Bracca" del 17 settembre ho già
detto all'inizio di questo capitolo. Ma quel che capitò a
Cuasso a Monte supera ogni immaginazione. Nel salone di un albergo
locale era stato preparato un pranzo per un centinaio di coperti. Ma,
vuoi perché i Congressisti, pur essendo abituati a...
digerire le pietre, fossero sazi di banchetti, vuoi perché
quel paese è lontanuccio, fatto sta che, invece del previsto
centinaio, ne arrivarono soltanto una ventina. L'on. Cermenati col
fratello Ulisse, io e qualche intimo amico, provenimmo da Milano con
una quindicina di panettoni del "Cova" (famosissima pasticceria dei
tempo, che si trovava all'inizio della via Giuseppe Verdi, nei pressi
del Teatro alla Scala) destinati al "dessert". Figuratevi come
rimasero... di stucco quelli che ci avevano preceduto, sperduti fra le
tavole vuote, davanti a montagne di "fettuccine" alla parmigiana, di
lavarelli del Lago Maggiore, di "polli allo spiedo", e a quei famosi
panettoni e in mezzo ad una selva di bottiglie di vino bianco secco, di
Valpolicella, di Barolo, di cognac "Courvoisier" e di "Grand Marnier"!
Eravamo venti... giovani e forti; si mangiò per quaranta, ma
non si poterono smaltire le porzioni degli altri.... ottanta.
Chissà come saranno stati utilizzati... i resti, intatti,
delle eccellenti vivande. Probabilmente, saranno state rifilate, come
"piatti freddi", nei giorni seguenti ad altri clienti.
Quello fu il banchetto che suggellò la serie geologica,
perché il Congresso concluse i suoi lavori il 17 settembre.
Dei banchetti dell'anno 1912 conservo sei menù e
precisamente 2 giugno: banchetto nella "Croce di Malta" condotta da
Paolo Monti e De-Magni offerto dalla "Associazione liberale
costituzionale" di Lecco (come si può rilevare, non c'era un
"arco costituzionale" come c'è oggi, ma di "costituzionale"
soltanto l'"Associazione liberale" lecchese) ai "Reduci della Libia",
cioè a coloro che, per averla scampata bella, erano
ritornati illesi dalla guerra svoltasi per la conquista del famigerato
Scatolone di sabbia (noi stupidi, non ci eravamo accorti che sotto la
sabbia c'era l'"oro nero"); banchetto del 22 giugno, non ricordo
più per quale motivo, poi, banchetto, del 29 giugno presso
l'"Hotel Mazzoleni" in occasione della "VIII gara provinciale di Tiro a
segno"; banchetto bis tra i partecipanti alla gara di Tiro a Segno del
30 giugno, sempre all'"Hotel Mazzoleni Belle Vue au Lac"; pranzo nello
stesso giorno 29 giugno (senza... concorrenza con quello dei Tiratori,
sia perché svoltosi a mezzogiorno, mentre l'altro, si tenne
di sera, sia perché i convitati erano diversi anche per
condizione sociale) dei soci dell'"Associazione M.S. fra gli operai
della Città e del Mandamento di Lecco" che festeggiavano il
cinquantenario (1862-1912) della fondazione, al ristorante "Commercio"
(via Mascari - piazzetta dei Pozzo) condotto dai Fratelli Nava, ed
infine banchetto presso l'Albergo ristorante "Chiarello" di Taceno del
settembre, in occasione della inaugurazione della "Strada carrozzabile"
(sic) Bellano-Taceno", presente il Ministro Nitti, naturalmente (Sa va
sans dire) il deputato Cermenati ed un'ammucchiata di
autorità civili e militari della Provincia di Como.
Qualche annotazione sui menù del 1912. L'unico che reca a
stampa la Lista (quella volta fu messo.... al bando menù)
è quello dei banchetto in onore dei combattenti libici.
Normale è la serie delle vivande: tortellini, due piatti di
carne, formaggi e frutta; niente pasticceria. Vini: il tanto apprezzato
Valpolicella e un "Gran Spumante italiano" (allora andava per la
maggiore il "Cinzano").
Sulla testata del cartoncino, sul quale fu poligrafata la "lista",
è riprodotto in clichè il noto quadro del pittore
Aroldo Bonzagni (fu anche un efficace incisivo "cartellonista") che
ritrattò una marca di "signori in frac", correnti a falcate
verso una meta non visibile, ma si suppone sia una mensa imbandita.
Sul lato inferiore del cliché sono stampate in
"sovraincisione" le parole VINI MARCHESE FASSATI MENU. Come si
è visto in precedenza, i grandi vinificatori e i grandi
venditori di acque minerali usavano fare la pubblicità sui
menù, che venivano letti proprio dalle persone consumatrici
dei loro prodotti.
Caratteristiche e molto "per la quale" il menù del 22
giugno; sentite:
Randagi al consomato (sic) - Lupi di mare alla
cilena (si poteva cucinare all'uso cileno, perché non c'era
ancora Pinochet) con salsa Auguri - Controfiletto alla "Morgan"
(curiosa questa denominazione, quando si sappia che in quel tempo,
mori... di fame, per cancro allo stomaco, proprio un Morgan, della
grande famiglia dei banchieri U.S.A.) - Dindo novello alla Pampas -
Pellirosse insalata - Grand Sabajon (sic!) Mazzoleni - Fragole
bergamasche - caffè Santiago - Vini anzi è
scritto Vinos: Soave bianco - Valpolicella sui piatti di carne -
Champagne italiano.
La lista del banchetto N. 1 dei Tiratori comprendeva:
Ravioli in brodo - controfiletto di bue alla
Mascotte (la Mascotte era un'operetta che furoreggiava in quell'anno) -
vitello tonnato "alla Reale" (chissà perché ogni
tanto c'era questa qualificazione, - forse come omaggio alla "Casa
reale"?) - pollo novello allo spiedo (e terzo piatto carne; si vede che
i "Tiratori" volevano caricarsi di... proteine) insalata romana -
gelato alla Siciliana - Frutta. Un solo tipo di vino: il Valpolicella.
Piaceva
molto a Lecco il Valpolicella. Gli operai però, gli
preferivano il Barbera. Il primo si pagava, quando si andava
all'osteria o al ristorante o al caffè, "fuori pasto" una
lira al "calicetto"; il secondo centesimi ottanta. Agli aperitivi, che
oggi sono innumerevoli, era preferito il "bianco secco", a ottanta
centesimi il "calicetto".
Il pranzo bis dei "Tiratori" fu servito con un menù chic:
Consommé freddo in tazza - filetti
di pesce persico alla lombarda - Jambon di York all'italiana - Quaglie
al crostone - Fagiolini verdi - Spumone alla Chantilly - formaggi
nazionali - frutta di stagione - caffè - Vini: Bianco
"Soave" secco - Valpolicella in caraffa - Grande spumante italiano.
Nulla di speciale, invece, nel menù dei pranzo dell'Ass.
M.S.:
Dittalini (sic) in brodo, vitello
tonné, pollo arrosto con insalata, frutta, formaggio, vino:
una bottiglia, senza specificazione della qualità.
Si può dire la stessa cosa per il pranzo di Taceno:
Antipasto nazionale assortito - brodo ristretto
(niente il termine francioso di consommé) - costolette di
vitello con patate fritte (ecco qualcuno che scriveva correttamente
"costolette", mentre osti e trattori sgrammaticano quando scrivono
"cotolette") - formaggio della valle (potete immaginare di che si
trattasse) - frutta della stagione - caffè e liquori - Vini:
Bianco Soave - Valpolicella. Acqua minerale del Chiarello.
Il cartoncino del menù portava la réclame della
Ditta D. Galbani di Ballabio e più precisamente di questi
suoi prodotti: Latticini di lusso (sic) e Creme Galbani, sormontata
dallo stemma d'Italia e da diciotto medaglie dalla ditta ottenute in
altrettanti Concorsi, Mostre ed Esposizioni, più o meno...
universali.
Ben dieci i banchetti del 1913 (I Cermenatiani continuavano a
banchettare, incuranti delle... critiche) e altrettanti naturalmente i
menù. Uno del 26 maggio non ricordo per quale motivo fu
molto in gamba, comprendendo:
Trota del lago con mayones (sic) -
Consommé Reale (e dàghela con questo "Reale" -
Per la verità, c'era una cosiddetta pasta reale, formata da
pallottoline leggerissime e gustose, adatte come lieve "introduzione"
ad un pasto corposo) - fritto all'italiana (a tanta distanza di tempo,
non ricordo in che consistesse questa specificazione, né
ricordo se si tosse trattato di fritto di pesce, oppure di frattaglie
di pollo) - asparagi e carciofi "alla parmigiana" - quaglie al crostone
- insalatina novella - Spumone alla napolitana - dessert. Vini: bianco
di Montepulciano, Valpolicella, Barolo classico che evidentemente fu
servito sulle "quaglie al crostone" e, infine, pour la bonne bouche
Champagne Piper Heidsick brut.
I vini, dunque, furono... eccelsi.
Nella collezione segue il menù di una colazione consumata a
Lugano (dov'ero andato non occorreva passaporto a quei beati tempi con
amici) limitandoci nelle spese con l'ordinare una "colazione" moderata,
e cioè "minestrone milanese, manzo brasato Demidoff, arrosto
di vitello, formaggio (sarà stato... Emmenthal), vini:
Chianti".
A piè del cartoncino c'è una "Stella rossa" a
otto punte con un leone rampante e sotto ad essa la scritta
"Gerolsteiner Sprudel - nur ech: mit dem rotem Stern", cioè
"Acqua minerale Gerolsteiner" - genuina soltanto (quella) con la stella
rossa.
Sul rovescio ho scoperto (erano tanti di quegli anni che non mettevo
mano fra questi cimeli) il seguente... inno a Lugano, inspiratomi,
forse aiutando il Chianti, da quella ridente città:
Da Lugano, in cospetto al paesaggio che ha per sfondo quelle Alpi che
Carlo Cattaneo ben si augurava dovessero un giorno esser dette le
"inutili Alpi"; - da Lugano dove Giuseppe Mazzini, grande austero
solitario, s'innalzò alla contemplazione dell'Ideale,
irradiando tanta luce spirituale sugli Italiani, che lottavano per il
riscatto della Patria; da Lugano dove tutto è italianamente
bello e geniale, dai dipinti del Luini ai marmi del Vela, dalle traccie
architettoniche dei "Maestri campionesi e comacini" al sole ed ai
vigneti ed ai boschi di "olea fragrans", giunga a lei il nostro saluto.
Chi sa poi a quale personaggio era indirizzato quel messaggio... alato?
La lista di un pranzo consumato a Regoledo di Varenna il 22 giugno di
quel 1913 è meritevole di una certa considerazione. La si
legga e mi sarà data ragione:
Brodo doppio "Regina Elena" (ma non
c'è stato, almeno mezzo secolo dopo, un certo Rachel che
faceva la "réclame" di un... altro "brodo doppio"?) Trota
del lago bollita, con salsa olandese e patate all'inglese - arrosto di
vitello "alla Sultana" (chi si ricorda più com'era questa
cucina... "alla Sultana"?) - zucchine alla "fiorentina" - cassata "alla
Tripolitania" - (era, insomma, un pranzo... internazionale) -
pasticceria, frutta, caffè.
Totalmente anomala invece la presentazione
del menù di un banchetto consumato all'Albergo Croce di
Malta (talora si scriveva "Hotel", talora Albergo; poi il "et Italie"
c'era e non c'era a seconda degli stampati). Infatti la lista della
"portate" e dei vini fu stampata con l'inchiostro color marrone su un
fazzoletto di carta velina, abbastanza tenace perché
è arrivata sino ad oggi in ottimo stato di conservazione. Vi
si legge: "Società Alpina operaia Antonio Stoppani" -
Festeggiando il XXX anniversario di fondazione e il XVI Congresso della
Federazione Prealpina - Lecco 5 luglio 1913 - Banchetto alla Croce di
Malta.
Ed ecco la sequenza delle pietanze:
Tortellini di Bologna al consommé -
lavarello bollito con mayonnaise piatto offerto dalla ditta Pasquale
Biffi (finalmente era scritto correttamente) - coppa di bue allo
"Champagne" - polli novelli allo spiedo - insalatina della stagione -
gelati di panna e cioccolata (sic) - formaggio e frutta - Vino:
bottiglia di Valpolicella.
Mario Cermenati, dovette pronunziare il
discorso celebrativo dei doppio anniversario. Rientrava nei suoi doveri
di presidente del C.A.I.
Il 9 agosto si banchettò a Tartavalle e il cartoncino col
menù ne decantava la "fonte arsenicale, ferrugginosa,
manganesifera". Naturalmente si tratta di un cartoncino con la
réclame e la... magica parola "menù" a stampa; ma
nel bel mezzo, scritto a penna in carattere gotico, illeggiadrito di
svolazzi, spicca l'altra magica parola italiana PRANZO.
La lista delle vivande è piuttosto di... ordinaria
amministrazione:
Minestrone all'italiana - noce di vitello alla
provinciale - prosciutto di Hork (sic!) alla "Bonacina" - polli novelli
allo spiedo - insalata valsassinese - charlotte alla napolitana -
dessert. Vino dei colli di Brescia.
Fuori dall'usuale, invece, sotto tutti i
rapporti il menù di una supersignorile colazione offerta dal
"Cotonificio Cantoni di Bellano" (ancora oggi in funzione con una
"centrale" elettrica propria e dando occupazione a circa quattrocento
operai addetti alla filatura di quella ottima antica fibra vegetale che
è il cotone).
Il menù è a libretto (forma non comune,
perché nella mia rassegna l'ho trovato pochissime volte)
sulla prima facciata è impressa "a calco" un'incisione
argentea (questa colorazione ripeto è ottenuta con la
porporina) il cui significato può essere polivalente. Vi si
scorgono sei figure di donne vestite di svolazzanti veli; hanno
l'acconciatura dei capelli, raccolti entro un nastro, alla greca. Tre
(le Grazie?) danzano; alla destra, altre due suonano l'una la cetra, la
seconda il flauto, più a destra in alto splende raggiante il
sole (escludo senz'altro che sia quello "dell'avvenir"), in basso in
ginocchio, la sesta fanciulla solleva con il braccio sinistro una
coppa, che dev'essere colma di vino, e con la destra regge un grappolo
di uva, ben ricco di acini. Fra le danzatrici e le suonatrici sta un
tripode, dal quale salgono fiamme di fuoco.
Cosa possa significare l'incisione, specie se riferita ad una
colazione, non saprei. Sotto la incisione è scritto a
stampa: Cotonificio Cantoni Bellano - Colazione a freddo (sic!) - Nota
dei piatti - 8 settembre 1913.
Si apre il libretto e si legge:
Consommé di pollo in tazza a freddo
- trota del lago in bella vista con salsa tartara - galantina di
fagiano di Boemia - Sella di vitello alla gelatina - insalata
all'italiana - torta di mele alla Svizzera - Vini: vino del Reno,
Inferno, Barolo Mirafiori.
Se questa era una colazione, figuriamoci se
il "Cotonificio Cantoni" avesse invece offerto un pranzo!
Ragion per cui, io grammatico pedante perdonai quel grosso strafalcione
della "colazione a freddo", invece di colazione fredda.
Era allora direttore del grande stabilimento l'ing. Giacomo Schmidt,
cittadino svizzero, buon amico di Cermenati. La colazione fu servita
alle 10 nella sua magnifica villa. Pure svizzeri erano la maggior
parte, degli azionisti della Società anonima
(così erano chiamate, secondo la terminologia francese, le
Società per azioni).
Quell'8 settembre (quale differenza fra quella data e l'8 settembre di
trent'anni dopo, cioè del 1943!) poiché essendoci
stata ad Introbio la inaugurazione della lapide con medaglione di
bronzo alla memoria del grande storico valsassinese Giuseppe Arrigoni,
ci si dovette sobbarcare ad un secondo banchetto, definito "ufficiale",
ma lassù, presso l'"Albergo delle Miniere", che allora
andava per la maggiore.
II menù era stampato su un cartoncino del formato di un
biglietto da visita (cent. 8 per 12,5). Sul "recto": Introbio 8
settembre 1913, Banchetto ufficiale per la inaugurazione della lapide -
medaglione a Giuseppe Arrigoni. Tessera N. 230. Lire 3.50 - IL COMITATO.
Sul "verso", la lista delle portate:
Salati diversi - Gallettine al brodo con
fegatini - vitello tonnato - tacchino al forno - insalata - formaggi
assortiti - frutta. Una bottiglia di Bardolino.
Sicuro, il Comitato, per evitare spese
superflue, aveva fatto stampare dalla Tipografia dei Fratelli Grassi di
Lecco, i biglietti da vendere a chi avesse desiderato partecipare al
banchetto, di tipo popolare affinché potesse intervenire il
maggior numero di persone. Lo stesso biglietto venne utilizzato anche
come menù. Furbi quei Valsassinesi!.
E vengo ad un famoso banchetto, con una lista non meno famosa, alla
quale accenno nell'altro capitolo di questo libro dedicato all'
"Alborella".
Per festeggiare la vittoria di Mario Cermenati nelle elezioni politiche
del 31 ottobre 1913, oltre il "banchettissimo", che si era svolto nel
"Teatro della Società", gli elettori di Pescarenico vollero
offrirne uno per proprio conto. Si tenne alla "Trattoria delle Piante"
la sera dell'8 novembre 1913; fu composto di piatti tutti a base di
pesce.
Galantina di pesce - minestra (riso in brodo di
pesce) - lavarelli al burro - trota con salsa majonais (sic! non c'era
caso che si scrivesse e che ancor oggi si scriva mayonnaise, come si
dovrebbe) - bandiroli arrosto - gamberi - frutta - caffè.
Vini: bianco secco - Valpolicella.
Anche per l'inaugurazione della "nuova
divisa" del Corpo musicale cittadino "Alessandro Manzoni" (questa era
fin d'allora la sua denominazione ufficiale) si banchettò il
9 novembre 1913.
Antipasto, minestrone, lavarello bollito con
mayonnaise, arrosto di vitello, latticini, frutta, il tutto annaffiato
da eccellente (i musicanti disdegnano il vino se non è
più che buono) Valpolicella.
Una cosa più che normale; ma la
riunione conviviale si svolse in un clima di caldissima
cordialità.
Meno usuale il pranzo dell'8 dicembre al celeberrimo ristorante "Cetra
d'oro" detto Borsino (9) di Albino Casartelli, sito in via Roma,
là dove ora è la "Standa junior", ch'era
affiancato dalla quèrula sua moglie Savina e dai figli.
Il menù fu scritto di mio pugno!
Antipasto alla "Gioconda" - bollito di vitello
e di bue, alla Democratica - Cardi alla panna, miscuglio di verdura
"Giolittiana", - Riso in consommé, con ritagli di pollo,
alla Cermenati - Triglie sogliole e calamaretti Monti... niani - Codino
di vitello e polli novelli alla Montecitorio - insalata di stagione
alla ... Gentiloni - dessert assortito all'"Estrema sinistra". Vini:
bianco secco Soave, Valpolicella, Barolo.
Come si vede, io ci avevo introdotto
allusioni politiche. Il pesce era stato fornito dal cav. Aquilino
Monti, donde il neologismo "Monti ...niani". L'insalata si riferiva al
"Patto Gentiloni", per il quale i cattolici poterono cominciare a
votare nelle elezioni politiche del 1913.
Ed eccoci al 1914, del quale anno (fatale per l'Europa) conservo due
menù; ma non gli è che non si fosse manducato
né fatto bisboccia. No no; il guaio è che, per le
ragioni già dette, molti dei famosi cartoncini sono andati
perduti.
Comunque, giusto all'inizio dell'anno, e precisamente nel giorno
dell'Epifania, all'""Hòtel Mazzoleni"", esso, insieme con
l'"Hótel Croce di Malta", erano preferiti per i banchetti,
in quanto dotati ciascuno di un grande salone. Ne aveva uno anche
l'Albero "Corona" (al suo posto c'è oggi l'Albergo Moderno)
ma, chissà perché, non si faceva molto ricorso ad
esso.
Fu organizzato in onore del Deputato, ch'era stato eletto il 31 ottobre
precedente e in ordine di tempo fu la terza (o
l'ennesima)...imbandigione per quell'...onorevole e piacevole scopo. Il
menù era scritto su un cartoncino un po' fuori dal normale.
Mentre quello di Introbio era, come ho dianzi detto, una specie
di...biglietto da visita, questo era di dimensioni inconsuete e
cioè di cent. 32x13,5.
La lista? Eccola:
Banchetto popolare in onore del nostro amatissimo Deputato al
Parlamento on. Mario Cermenati.
Pastina al consomato (sic!) - Janbon di York
all'italiana - roastbeef all'inglese con patatine - insalata - formaggi
nazionali - frutta di stagione. Vino: una bottiglia di Valpolicella
vecchio
(La bottiglia era di circa tre quarti di
litro, quantità dunque discreta; ma alla fine qualcuno
offrì lo spumante).
II cartoncino, dirò così fuori-misura, era di
quelli che un'altra famosa ditta, la produttrice del "Ferro China
Bisleri", distribuiva fra gli Hótels e i ristoranti. Oltre
il "Ferro China Bisleri" erano reclamizzati il liquore Psiche e
l'"Acqua Nocera Umbra". In testata uno di quei clichés, che
avevano lo scopo di richiamare l'attenzione degli affamati clienti: vi
fa spicco un pezzo di marcantonia, abbondantemente scollata
(intendiamoci, la scollatura era ampia. ma pudica) che nella destra
regge un bicchiere a calice, contenente, a quanto pare, acqua minerale
(ovviamente "Nocera Umbra") un fascio di rose rosse illeggiadrisce il
primo piano, mentre su un tavolino spiccano due bottiglie: l'una di
"Nocera Umbra", l'altra di "Ferro China Bisleri". Nel complesso
c'è un'aria di Liberty.
Saltando di piè pari alcuni mesi si arriva al settembre,
quando i democratici-radicali festeggiarono la loro vittoria nelle
lezioni amministrative del 19 luglio. Si andò per il rituale
banchetto nel "covo" dei Cermenatiani, cioè al Borsino.
La lista delle vivande fu scritta a mano dal figlio dell'Albino
Casartelli, Felice. celeberrimo nel fare lo zabaione.
Antipasti assortiti - Ravioli al
consommé e alla parmigiana - Capponi e manzo bolliti, con
mostarda funghi sott'olio e cetriolini sott'aceto - Costata di bue alla
griglia - Insalata della stagione - Spinaci al burro - formaggi -
Frutta - Zabaglione (sic!) al Malaga - Pasticceria.
Mica male, no?
Il giorno 9 gennaio del 1915 vide i cermenatiani con le gambe sotto le
ben imbandite tavole del loro prediletto "Borsino". Debbo confessare
che non rammento più il motivo di quella riunione
conviviale; ma ho già detto che ogni pretesto era buono per
la organizzazione di simili manifestazioni.
Il menù era proprio per palati fini, ma ciò che
caratterizzava il "Borsino" era la sapienza con cui venivano cucinate
le pietanze, perché, tanto per fare un esempio, quando si
parla di "costolette alla milanese" non bisogna credere che chiunque le
sappia cucinare; in realtà, occorre in primo luogo,
scegliere bene le costolette di vitello, poi si debbono "impanare" a
dovere, in terzo luogo (e qui sta il punto) bisogna farle cuocere in
abbondante burro sul quale non si deve lesinare; esse debbono, per
così dire, annegare nel burro. La presentazione "in bella
vista" è soltanto un particolare di natura estetica,
ciò che veramente importa è la sostanza.
Dopo questa divagazione ... culinaria, veniamo a descrivere quel
menù, che in quella occasione il Casartelli fece stampare
dalla tipografia Grassi su un cartoncino oblungo, del classico color
avorio, con la indicazione delle vivande al centro e quella dei vini
sulla destra.
Si cominciò con i ravioli, "espressamente confezionati alla
dolce "ughetta", naufraghi in un brodo genuino e delizioso".
Vennero quindi i capponi, purificati dalla Cappella Sistina, con
accompagnamento di svariate delicatezze (fatica particolare del chef
Franz Casartelli). Fin qui venne servito dal fratello di Franz, Felice
il Valpolicella extrafino. Seguirono gli entremets costituiti di cardi
giganti della pianura lombarda, irrorati da panna valsassinese. e di
carciofi al burro spumeggiante. collegato con parmigiano eccitatore di
palati.
Dopo questa ... pausa vegetariana, ecco un trofeo di cesene e di tordi
viscifori (fuori stagione, si noti bene) cotti sullo spiedo antico, e
seguiti da insalatina precoce (si era di gennaio!...). Su questo piatto
sublime. o quasi, fu sturato del Sassella della migliore annata, che si
accordava perfettamente con la pregiata cacciagione.
Secondo il "rituale" furono infine serviti formaggi e frutte "di ogni
parte dell'Universo". Esagerati!
Un "gran caffè digestivo" (sic) suggellò quel
pranzo apprezzato dai veri gourmands.
Proprio il giorno dopo, cioè il 10 gennaio, ce ne fu un
altro, organizzato dalla Società "Canottieri Lecco" per
festeggiare il XX della fondazione, le cospicue vittorie conseguite dai
suoi equipaggi nel 1914 e l'inscrizione del "trecentesimo" socio, tre
motivi tutti validi per giustificare un'eccellente "mangiata" ed una
non meno eccellente "bevuta".
Certamente, per chi - come le autorità - dovette partecipare
a tutt'e due le imbandigioni. si trattò di un vero "tour de
force". In ispecie per Mario Cermenati, il quale acclamato dagli uni e
dagli altri, si sobbarcò "per di più" a due
fatiche oratorie, avendo dovuto pronunciare due brindisi. Veramente
parlare di brindisi è un po' rimpicciolire il fatto,
perché in realtà si trattò di due veri
e propri discorsi ricchi di osservazioni. di arguzie, di suggerimenti e
naturalmente di espressioni gratulatorie nei riguardi della
"Canottieri" la cui storia era onusta di trionfi. Ma il Cermenati era
oratore facondo e versatile, che poteva parlare su qualunque argomento.
Egli era il "vero oratore", perché "improvvisava" e non
leggeva, come fanno il novantacinque per cento dei chiacchieratori di
oggi. Possedeva anche un gran dono, che non è di tutti,
sapeva cioè incatenare a sé l'attenzione
dell'uditorio, questo tanto in virtù della sua oratoria
trascinante quanto per il fascino della sua persona.
Purtroppo, non ho conservato il menù di' quel pranzo, esso
pure, sotto un certo aspetto, memorabile.
Ed eccoci ad un menù storico, perché il pranzo
servito all'Hòtel Mazzoleni venne offerto la sera del 30
aprile 1915 all'on. Cesare Battisti di Trento (così
firmò il cartoncino) e all'on. Giorgio Lorand, deputato
belga, venuti in Italia per parlare al nostro popolo delle ragioni, che
di fronte all'invasione del Belgio avevano spinto Francia, Inghilterra,
Russia ad allearsi per combattere contro la Germania e l'Austria per la
difesa della libertà, della democrazia, della giustizia.
Il menù fu scritto in francese, in omaggio al deputato belga:
Consommé avec pate d'Italie - truite
du lac à la meuniére - Asperges fraiches au
parmesan - poulardes de Bruxelles roties - salade de saison - fromages,
fruits.
L'on. Lorand, ch'era l'oratore ufficiale,
sedette a capo-tavola; alla sua sinistra prese posto il sindaco avv.
Monti; alla destra Crabbé; seguivano, parte da un lato parte
dall'altro, (le tavole erano disposte a "ferro di cavallo") l'on.
Cesare Battisti, gli assessori Magni, Gerosa, Tocchetti, i membri del
"Comitato per l'intervento" Luciano Baruffaldi, dott. Gennaro Pensa
direttore dell'ospedale ch'era allora cermenatiano, G.B. Ronchi e
Arnaldo Ruggiero. Era pure intervenuto tale Gaetano Mazzoletti di
Delebio, che a Bruxelles, dov'era stato per ragioni di lavoro, aveva
conosciuto il deputato belga.
Il pranzo, o meglio la cena, si svolse dopo la grande manifestazione
per l'intervento in guerra dell'Italia a fianco delle Potenze
dell'"Intesa", ch'era stata tenuta nel Teatro della Società
e nella quale, dopo il Lorand, aveva pronunziato un'ardente allocuzione
Cesare Battisti. Il ricordo di quella serata è restato
incancellabile nell'animo dei presenti. Ma di essi sono rimasto io solo.
Anche i filodrammatici amavano banchettare, specie quelli della
"Società Filodrammatica Città di Lecco", che si
mobilitarono, all'entrata dell'Italia in guerra, per allestire
rappresentazioni a favore di opere benefiche. Però, qualche
distrazione dovevano pure prendersela.
II 2 maggio 1915 si riunirono dal Piaz, una trattoria celebre
perché vi si mangiava eccellentemente e anche
perché era il "covo" N. 2 dei cermenatiani. II titolo del
menù era... pomposo: "Gran banchetto filodrammatico", ma le
vivande furono superlative.
Giambone e lingua... maledica - Brodo di bipede
concentrato - nel vuoto - Frittura... cervellotica - polli lessati...
ruspanti - capretto bulgaro con insalata... russa - frutta italica e
formaggi... stagionati - budino allo zabaione e crema... inglese.
Pan...serbo. Vini: di tutte le qualità,
liquori...interventisti.
Il 31 agosto altro pranzo non rammento... per
quale pretesto. Menù da far... sciogliere la lingua a un
muto.
Ravioli al consommé - trota
dell'Adda "alla Signorile" con salsa Ravigote - Jambon di York
all'italiana - Quaglie al nido. insalata fantasia - Spumone alla
Chantilly - frutta di stagione - caffè. Vini: Soave bianco
secco, Valpolicella. Champagne Moét Villemin sec.
Ai primi di novembre dello stesso 1915 venne
a Lecco in licenza l'on. Mario Cermenati che nel maggio si era
arruolato come volontario nonostante i suoi quarantasette anni. Quale
migliore occasione per un bel banchetto?
Detto fatto, gli amici suoi (ch'erano poi anche i miei) organizzarono
il pranzo al "Ristorante Centrale ch'era stato aperto da poco in via
Cavour, in alto. dov'é adesso il palazzo Gerosa (n. 100.
stato ricostruito al posto della casa Merlo demolita) per la sera del
giorno 26. dal "Rodrigo" ch'era uno dei tigli del Benaglio (Pin Rara)
proprietario de l'Arpa in piazza Garibaldi. Non badarono a spese...
costoro e festeggiarono alla grande l'amico.
Leggete e scrivetemi cosa vi pare di questa lista:
Consommé Vittoria - Petite cocotte
de poissons Dugler - Cotes de boeuf Mornich, légumes
à la liberté - artichauts à l'anglais,
sauce hollandaise - Oiseaux à l'italienne - asperges de
Gene, en sauce mousseline - Soufflé à la vanille
- frontages et fruits - glaces "Ice Creams" - patisserie
variée - café, liqueurs. Vins: blancs. Graves,
Chablis; rouges Sassella "Paradiso", Saint Julien. Bourgogne ;
Champagne Veuve Clicquot.
Il medesimo menu venne pure scritto a mano su
un singolare cartoncino a libretto con i lati non rettilinei ma sinuosi
come uno svolazzo. Nel centro una figura femminile vestita con un abito
di "voile" celeste, con guanti che ricoprono interamente le braccia. Un
cappellino è posato sui capelli biondi.
Sono convinto che i lettori... trasecoleranno e nello scorrere la lista
dei vini schioccheranno la lingua.
Il "Rodrigo". era uno chef di alta scuola, che aveva lavorato
all'estero. A guerra finita tenne il "Centrale" ancora per qualche
anno: poi emigrò a Cadenabbia, dove aprì un
ristorante che sali a fama internazionale, quando cominciarono a
frequentarlo i "pezzi grossi" dell'"élite" nazionale ed
estera. Fecero colpo le visite del Principe di Piemonte, nella quale
occasione il "Rodrigo" dotò il suo ristorante di un servizio
di posate d'oro per ventiquattro e di vasellame del medesimo metallo
prezioso. È ovvio che venisse usato soltanto nelle grandi
occasioni.
Vi faccio grazia di tre menù di altrettanti pranzi che
conclusero quel fatidico 1915: uno a Sondrio, all'albergo della Posta
(si allude alle "poste", dove nell'Ottocento e nei primi anni del
secolo XX. avveniva il cambio dei cavalli delle diligenze che,
provenendo dà Lecco, si recavano nella vicina Svizzera) e
gli altri due a Lecco, presso il "Piaz" l'uno e presso il Giuseppe
Benaglio de "L'Arpa" l'altro, per il motivo che questi menù
avevano tutt'e tre come "primo" i ravioli in brodo poi gli immancabili
filetto di bue e polli novelli allo spiedo, con la tradizionale
insalata e il tradizionale dessert e come vini il pure immancabile
Valpolicella.
L'unica variante del pranzo di Sondrio, un piatto che non ho
più ritrovato altrove, cioè il "salmi di camoscio
del Disgrazia con funghi valtellinesi".
Non mancarono i banchetti neppure nel 1916, nonostante che si fosse in
piena guerra, come dimostrano i cinque menù della mia
raccolta. Ho già riportato al principio, come modello, il
menù del pranzo dell'11 marzo, ch'era sabato grasso; ma ne
ho addirittura due, scritti a mano su cartoncini-réclame del
"chocolat au lait suisse Lucerna" decantato come "un produit nutritif
de tout premier ordre... connu et demandé dans le monde
entier", fabbricato a Hochdorf-Lucerna.
Per essere in guerra, non si può dire che mancassero i
viveri. Gli è che erano possibili le importazioni dai Paesi
alleati; noi confinavamo con la Francia, oltre che con la neutrale
Svizzera, mentre la stessa Francia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti,
che ci fornivano merci alimentari e materiale bellico, erano diventate,
dopo le sfuriate dei sottomarini tedeschi poi distrutti, "padroni del
mare".
Di un pranzo del 22 giugno non ho il menù; ho soltanto il
conto di L. 59,15 più L. 4,85 di mancia, totale L. 64; esso
esponeva N. 8 pranzi a L. 5,00 l'uno L. 40,00; N. 2 bottiglie di Soave
a L. 1,20 l'una L. 2,40; N. 5 litri di Valpolicella L. 6,00; N. 2
bottiglie di Champagne L. 10,00; N. 3 caffè in
più (otto erano stati offerti dall'albergatore) L. 0,75.
Si mangiò abbondantemente perché per cinque lire
allora c'era da godersela lautamente e quanto a bere toccò
un litro a testa tra bianco, rosso e "champagne". "Minga mal!". Ci
dovettero essere due invitati, perché in calce al conto
c'è la divisione per sei; ma non ricordo chi fossero.
Il conto era intestato "Hotel Mazzoleni-Belle vue au lac" telefono n.
30; sotto: "Società degli Alberghi di Lecco - Hotel Croix de
Malte et Italie"; telef: 29 - Impresa vetture, via Cavour 12, telef. 84.
Che prezzi! Che "piccoli" numeri dei telefoni! Altri tempi!
Ancora al "Mazzoleni" il 2 luglio con un menù "stile
floreale-liberty", ma con una serie di portate tutt'altro che floreale,
perché sostanziose.
Tagliatelle alla bolognese - Vitello tonnato
alla Triestina - polli Brianzoli allo spiedo con patatine arrosto e
insalata composta - spumone di cioccolato - formaggi nazionali - frutta
assortita, caffé. Vini: Soave bianco secco, Valpolicella.
Il 12 novembre ci fu una cena all'Albergo
"Promessi Sposi" di Malgrate, allora condotto dai fratelli Nava, che
esercivano contemporaneamente anche il "ristorante Commercio" a Lecco.
Se non erro venne offerta all'eroico Don Edoardo Gilardi, qui in
licenza, già decorato di medaglia d'argento al valore
militare e che ne avrebbe collezionate altre. Il menù
comprendeva questi piatti, cucinati eccellentemente dai Nava, ch'erano
cuochi superlativi:
Trota con mayonnaise - risotto alla certosina -
lingua salmistrata - verdure - viscarde al crostone - frutta -
pasticceria. Vini: Bianco secco, Chianti, "Champagne", "Triple sec".
II "risotto alla certosina", ch'era un
risotto con una... valanga di delicatissima polpa di gamberi,
costituì il clou della cena, perché raramente
presentato in pranzi e banchetti; ma anche la trota e le viscarde
furono molto apprezzate.
Il 1917 fu l'anno cruciale della guerra; inoltre, io ero andato a Roma,
dove, salvo qualche intervallo, rimasi fino al luglio del 1920. Ecco
perchè non posseggo nessun menù di quel periodo.
E così salto al 1918, del quale anno ho tre menù,
due... romani ed uno di Lonigo, dove l'on. Cermenati, che mi volle con
sé, inaugurò il 2 giugno la "Colonia agricola
Vittorio Emanuele III per gli orfani dei morti in guerra".
II primo menù romano riguarda un pranzo offerto dal Deputato
in casa sua ad una "Missione lecchese" venuta a Roma per rendergli
amicale omaggio; combinazione in quel giorno cadeva il compleanno del
suo primogenito Aldo. Io scrissi a macchina la lista:
Fettuccine romanesche al pomodoro fresco - triglie di
Nettuno alla pescatora - spigola di Sardegna alla Pontecorvo - Agnello
dell'Abruzzo alla cacciatora - tordi di Maccarese all'erba salvia con
polenta di Sua Eccellenza Gioppino - cicorietta e lattughella dell'Agro
romano. Gran canestro di frutte secche e candite dei "Due Mondi". Vini:
Capri, Chianti, Aleatico di Carmignano.
Un pranzo quello che farebbe gola anche ad... Ave
Ninchi e vini che esalterebbero Luigi Veronelli.
In un'altra occasione ci furono invitati... "di qualità" in
casa Cermenati.
II menù fu scritto di mio pugno con una... nomenclatura di
mia... invenzione tutta imperniata su richiami danteschi.
Eccolo:
CAMANGIARI:
Lo secol primo quant'oro fu bello; Fe' savorose con fame le ghiande, E
nèttare con sete ogni ruscello.DANTE (Purg. XXII)
Disiàto riso (Inf. V) alla milanese.
Cotechini di... Ciacco (Inf. VI) con patate passate e cavoli. Dolce
mischio (Par. XXV), ossia pasticcio alla milanese.
Fagiolini verdi... come fogliette pur mo' nate (Purg. VIII) condite col
bianco burro (Inf. XVII). Poi venuti da ... quelle parti calde d'India
(Inf. XIV). Fresche erbette (Purg. XXIX) in insalata con le uova sode.
Gelati guazzi (Inf. XXXII).
Pasta frolla, dolce al gusto (Purg. XXXII).
Dolci pomi (Inf. XVI), dattero per figo (Inf. XXXIII) ed altre frutta
non del mal orto (ivi). VINI PER:
Lo dolce ber, che mai non m'avria sazio (Purg. XXXIII). Di tre colori e
d'una continenza (Par. XXXIII) Soave, Chianti e Piper Heidsick
Caffè
Di color bruno
che non è nero ancora e il bianco more (Inf. XXV).
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