Lecco - Le vecchie industrie: BADONI

Badoni - un miracolo lungo due secoli


BADONI - un miracolo lungo due secoli
dal settimanale "Il Resegone" - 12 marzo 1993


La storia della gloriosa azienda che ha definitivamente chiuso i battenti - Nacque lungo il Gerenzone, poi l'attività siderurgica esplose in corso Matteotti, a Mandello e Bellano - Gli altalenanti periodi della fabbrica segnati dalle vicende della famiglia che l'ha fondata


Giuseppe Badoni - 1970

un ritratto della famiglia Badoni

Abbiamo chiesto al giornalista lecchese Giorgio Cortella, autore de «I Badoni e l'industria del ferro dell'800 lecchese», (Franco Angeli, 1988) di ripercorrere la storia dell'antica fabbrica di corso Matteotti, che è stata chiusa nei giorni scorsi.

Una corretta lettura della nascita e dell'evoluzione dell'industria del ferro del Lecchese non pare assolutamente in grado di prescindere dalla storia della «Badoni». Simbolo per lungo tempo della cultura imprenditoriale di questo territorio, la «Badoni» infatti occupa un ruolo di primo piano nel processo di industrializzazione che si avvia a Lecco a partire dalla seconda metà del XIX secolo e si lega, sia pure con un rapporto estremamente dialettico, al complesso sistema di fucine, opifici, piccole imprese a carattere famigliare localizzate nella cosiddetta «Vallata», lungo cioè quella stretta fascia di comuni — oggi rioni della città — solcati dal corso del Gerenzone e della sua derivazione artificiale, la «Fiumicella». È proprio nella valle del Gerenzone, culla dell'industria metallurgica lecchese, che si scorgono infatti, tra la fine del XVIII secolo e gli inizi dell'Ottocento, le prime tracce dell'attività imprenditoriale della famiglia Badoni, legate al nome di Giuseppe Girolamo, comproprietario di una delle numerose «fucine grosse» allora disseminate lungo il corso del torrente, in comune di San Giovanni alla Castagna.

I segreti del successo imparati in Germania
Ma è soprattutto con il figlio Carlo che si manifesta uno spirito nuovo nella gestione dell'azienda famigliare: risolto infatti il problema dell'approvvigionamento del combustibile mediante l'acquisto di numerosi boschi cedui e selve castanili, avviata l'importazione dall'estero di rottame per la fusione in sostituzione della ghisa valsassinese, Carlo Badoni lascia Rancio e acquista a Castello in rapida successione una fucina da ferro «ad uso di chioderia», una «ad uso vergella» ed una «ad uso di rame», spostando così la propria attività più a ridosso di Lecco, la cui importanza commerciale era notevolmente cresciuta.
Il vero protagonista del decollo industriale della «Badoni» resta comunque il figlio Carlo, Giuseppe Vittore: figura di imprenditore illuminato, oltre che di patriota, distintosi nella lotta contro l'occupante austriaco e per questo motivo costretto anche all'esilio.
Molto incide sulla sua attività la formazione ricevuta attraverso i numerosi viaggi all'estero, in Germania soprattutto, dove apprende quei «nuovi metodi» e quelle nuove tecnologie nella lavorazione del ferro che importa nei suoi stabilimenti: a cominciare dal «nuovo sistema della trafila per il filoferro» che egli introduce nel 1831 ad Arlenico «sopprimendo l'antico che condannava il lavorante ad una pesante catena fasciata al corpo, riducendolo così ad un passivo motore meccanico. Dopo le nozze con Marietta Gavazzi, figlia di una delle più prestigiose famiglie del territorio affermatasi nella lavorazione della seta, Giuseppe Badoni avvia un nuovo processo di concentrazione di proprietà a Castello, acquistando il palazzo di Montalto col parco e i fabbricati confinanti. Qui, sfruttando anche le numerose utenze della Fiumicella per l'energia, realizza un esteso nucleo industriale «formato da una serie di opifici e piccole fucine con un ventaglio di produzione che va dalle lamiere alle opere di getto per successive trasformazioni in propri e in altri opifici, fino alle classiche produzioni del filo di ferro e dei chiodi, quest'ultima importando dalla Francia nuovissimi macchinari. A questa prima importante tappa, un'altra se ne aggiunge di lì a poco: la creazione della «Giuseppe Badoni & Compagni» nel 1850, la cui ascesa impetuosa nel decennio successivo è strettamente legata al connubio di interessi tra Giuseppe Badoni e Giorgio Enrico Falck senior, quest'ultimo approdato a Lecco dall'Alsazia dopo un primo tirocinio alla «Gaetano Rubini» di Dongo. Forte dell'esperienza maturata sull'altro ramo del lago di Como, Falck si incarica di attuare una vera e propria «rivoluzione tecnologica» negli stabilimenti Badoni di Castello, Bellano e Mandello, portando l'azienda lecchese a porsi alla testa, insieme alla «Mongenet» di Pont Saint Martin, dell'industria metallurgica italiana.
Il processo di radicale ristrutturazione della «Badoni» ha quale fulcro il nuovo stabilimento industriale di Bellano, posto ai piedi dell'orrido per sfruttarne l'imponente caduta d'acqua, dove vengono impiantati due forni bollitori per saldare i masselli provenienti dalla ferriera di Castello e dalla fucina di Somana e due forni a riverbero per cuocere le lamiere, oltre a sei treni di cilindri per la fabbricazione dei ferri mercantili in verghe e lame e sette treni di cilindri sbozzatori e finitori delle lamiere, divenute la produzione principale. Nel nuovo ciclo che si crea le due officine di Castello, ulteriormente potenziate con l'aggiunta ai torni, vanno a coprire le prime fasi, quella cioè della riduzione della materia prima in masselli e quadri e della loro iniziale lavorazione con cilindri digrossatori e distenditori in sostituzione dei magli. Novità vengono introdotte anche sotto l'aspetto del combustibile utilizzato: viene infatti sperimentata, in sostituzione del carbon fossile, la torba, più facilmente reperibile e con maggior potere calorifico.


Da Milano a Parigi, la Badoni è mondiale.
I risultati che si ottengono sono soddisfacenti: premi e riconoscimenti vengono attribuiti alla «Badoni»; in particolare ricordiamo la medaglia d'oro di seconda classe all'Esposizione industriale di Parigi del 1855 ed il massimo premio ottenuto all'Esposizione di Milano. La «Badoni» vive dunque un momento di grande fulgore, grazie alla buona qualità e all'estrema varietà della sua produzione; ma di lì a poco, complice anche la crisi che si manifesta sul finire degli anni Sessanta e una politica governativa in materia di commesse pubbliche assai discutibile e poco favorevole alle industrie lombarde, le sorti dello stabilimento di Bellano sarebbero improvvisamente precipitate, trascinando la «Badoni» al fallimento.
La ripresa della storica azienda lecchese coincide con l'ingresso dei figli Carlo ed Antonio che, gradualmente, indirizzano l'attività imprenditoriale verso nuove direzioni, in particolare passano dalla metallurgia alla meccanica. Da un lato, anche per contrastare la nuova «Società del laminatoio di Malavedo» fondata da Falck, Redaelli e Bolis, i Badoni apportano nel 1874 al proprio laminatoio di Arlenico sostanziali migliorie «per poter battere la concorrenza di Malavedo e per mettersi in posizione di servire i nostri clienti in ogni loro bisogno in genere di cilindratura». Dall'altro, nel comparto di Castello, danno vita ad un attrezzatissimo reparto adibito alla costruzione di ponti, tettoie, materiale ferroviario, caldaie, impianti industriali per officine a gas: una attività, questa, che nel giro di un ventennio avrebbe definitivamente soppiantato ogni altra lavorazione.
Nel 1870 proprio dall'officina meccanica di Castello escono gli impianti di produzione e distribuzione del gas illuminante per la «Società anonima del gas illuminante della città di Lecco», il cui esercizio avrebbe avuto inizio a partire dall'anno successivo. Quindi, acquisiti alcuni brevetti esteri e fondata la «Carlo e Antonio F.lli Badoni», vengono realizzati nell'arco di un decennio ben 14 altri impianti, prevalentemente in Lombardia, Piemonte, Marche, Liguria e Umbria. La strada, dunque, è ormai segnata: ma la scomparsa prima di Carlo e poi di Antonio arresta nuovamente la corsa della «Badoni». Tocca al figlio di Antonio l'ing. Giuseppe Riccardo, il compito di prendere in mano le redini dell'azienda, trasformatasi nel frattempo in «Antonio Badoni & C.» società in accomandita semplice. Con il suo ingresso nel 1908 quale gerente responsabile dell'impresa, la «Badoni» cambia nuovamente ragione sociale: prima, nel 1912, diviene «Società Anonima Antonio Badoni e C.» e poi, durante il conflitto bellico, «Società Anonima Antonio Badoni e C. Bellani e Bonazzoli», ampliando notevolmente il proprio campo di azione con la realizzazione di grandi impianti teleferici. Finalmente, nel 1922, viene costituita la «Società per azioni Antonio Badoni» che, sotto la guida dell'ing. Giuseppe Riccardo, va gradualmente consolidandosi ed arriva ad affermarsi definitivamente in campo nazionale ed internazionale sul finire degli anni Cinquanta.

Divisa in 4 settori, prima del declino
Quattro i settori in cui si sarebbe sviluppata la sua attività. Innanzitutto la carpenteria, che spazia da ogni tipo di ossature per palazzi fino ai ponti ferroviari e stradali: opere di valore e di prestigio vengono realizzate dalla «Badoni», quali il capannone del padiglione della meccanica alla Fiera campionaria di Milano ed altri alla Fiera del Levante di Bari; le strutture di acciaierie quali la Breda siderurgica, la Falck di Arcore, il Caleotto di Lecco, la Siae di Cornigliano, l'Innocenti di Caracas in Venezuela, l'Olivetti, la Franco Tosi, numerosi ponti sul Po, quello del Ticino a Pavia, il ponte ferroviario sull'Adda a Lecco ed altri per il Ministero dei Trasporti e la Società autostrade Venezia-Padova.
Quindi la caldereria, con la produzione di gasometri, serbatoi per lo stoccaggio dei carburanti — come quelli giganteschi realizzati a Gaeta o a Falconara — e apparecchi refrigeranti e scambiatori di calore.
Dal settore meccanico, «fiore all'occhiello» della «Badoni» escono gru speciali, funivie, teleferiche e seggiovie che vengono apprezzate in tutto il mondo per l'elevata qualità. Infine vi è il settore locomotori di manovra, di cui la «Badoni» diventa fornitrice delle Ferrovie dello Stato e di molte primarie aziende private e pubbliche.
Da qui in poi è storia recente. La crisi internazionale degli anni Settanta inizia a gettare le proprie ombre sulla «Badoni»: la storica impresa lecchese, privata della guida di Giuseppe Riccardo, morto nel 1973, incomincia così il suo declino, nonostante il know-how aziendale e un patrimonio tecnologico di grande valore. È il preludio della definitiva chiusura decretata nelle scorse settimane.

Giorgio Cortella

i cancelli sbarrati


4a Quinquennale di Lecco - 1937


ANTONIO BADONI S.A. - LECCO
4a Quinquennale di Lecco - 1937


La Ditta originaria Giuseppe Badoni, della quale si possiedono documenti datati dal 1765 mutò varie volte denominazione a seconda delle persone che la dirigevano (Antonio e Carlo F.lli Badoni, Antonio Badoni, Giuseppe Badoni) e si trasformò in accomandita e poi in anonima rispettivamente negli anni 1900 e 1912. Necessità di ampliare, durante il periodo bellico, il cerchio della produzione portò alla creazione della Società Anon. Badoni-Bellani e Benazzoli che fu posta in liquidazione nel 1922, anno di costituzione dell'attuale Soc. Anonima Antonio Badoni, che pertanto, rappresenta, attraverso variazioni di orientamenti e di forme sociali, la continuazione di un'attività industriale due volte secolare, originaria in Lecco. I primi laminatoi d'Italia furono creati dalla Ditta Badoni, la cui attività si concentrò, in seguito, alle costruzioni da calderai e carpentieri, agli impianti di fabbricazione del gas ed in seguito ancora, alle costruzioni meccaniche. Tale la linea di sviluppo tecnico di questa Casa. Ma da essa si sprigionano pure accenti della nostra storia patria : dagli anni lontani in cui il patriota Antonio Badoni regalava un cannone al Comitato di P. Sicurezza di Lecco, del quale egli era Presidente, confortando così l'impresa della spedizione monzese, collegata con le gloriose Cinque Giornate di Milano, sino agli anni recenti della Grande Guerra europea, quando le vette alpine erano collegate alle valli venete dalle teleferiche Badoni e sotto le tettoie Badoni si ammassavano i fanti, e quando, a guerra finita, accanto ai vecchi ponti del Piave rovinati o ricostruiti traballanti su stilate di legno, la Ditta gittava da S.Donà a Pieve Musile un suo ponte ferrato dalle pile fondate a 20 m. sott'acqua. Ecco perchè, avvicinandosi ai Padiglioni Badoni ricordi storici antichi e nuovi si mescolano agli antichissimi miti e fluttuano in una atmosfera quasi epica di guerra e di lavoro, di entusiasmo e di tenacia. Ma l'orizzonte si amplia ancora più quando, entrati nei Padiglioni, con l'ausilio dei saggi esposti, noi tentiamo di abbracciare la vasta opera; ed allora di fronte ad un passato glorioso balenano luci superbe d'avvenire. La Società presenta in questa Quinquennale un elemento di modello di ponte ferroviario scomponibile , per esercitazioni militari, di cui, all'aperto, presenta una imponente travata di m. 7,29 con due sbalzi di m. 1,20 ciascuno: notevole qua è l'esattezza di costruzione che richiese attrezzature assai delicate. Interessante è pure ún forno a zolfo sistema Teatini per la fabbricazione dell'anidride solforosa, e carrelli per gru a ponte, e carrelli A.B.L. per trazione ferroviaria, e ordinati su di un palco molti modelli di gazometri, di tettoie, di ponti. Oltre alle costruzioni per la guerra e per il lavoro, la Società in questa Quinquennale da' un alto segno del suo sviluppo nella edilizia, presentando un modellino mirabile di fabbricato civile a scheletro metallico ed un elemento di solaio Alpha eseguito con tipi diversi di casseri. In genere i lavori della Società Badoni sono caratterizzati dall'associarsi continuo di un felice senso artistico con la esattezza tecnica; anzi si direbbe che i due pregi mostrino qua una loro fondamentale unità. Ma i modelli presentati esigono l'osservazione paziente e studiosa del tecnico mentre l'occhio profano preferisce seguire l'opera nei suoi risultati complessivi che ci sono offerti da ingrandimenti fotografici su di una parete tappezzata. Allora noi, come su le ali di un velivolo, sorvoliamo le contrade d'Italia, ammirando le opere create da questa nostra industria. Ecco sull'autostrada Venezia-Padova il ponte sul Brenta. Ecco sul Lambro un ponte moderno dalle linee così pure che danno la gioia di veder sprigionarsi dal ferro la bellezza. Ed ecco un palo di 120 m. di altezza che conduce una linea elettrica ad Arena Po attraverso il fiume per lo spazio d'un chilometro d'aria. Ecco ora le teleferiche: quella di Monte Valerio, quella di Casale Monferrato, sono recenti, e la IV Quinquennale vede in esse degnamente proseguita la tradizione dei modelli esposti, nel 1932 per la teleferica tipo B.B.A. con esemplari di vagoncini, nel 1927 per quella tipo B.B.B. costruita per lo Zuccherificio Gulinelli a Cavanella Po, attraversante il fiume per lo spazio di m. 450. Ecco le Gru : quella girevole di Brescia, quella a cavalletto di Piombino della portata di 20 ton. I Gazometri: il gazometro da 1300 mc. a Nera Montuoro, il gasometro a secco di 40.000 mc. a S. Giuseppe di Cairo. E il gruppo di serbatoi per olio minerale di Porto Marghera. E le paratoie piane di Vobarno. E la via di corsa, saldata, delle Acciaierie Tubificio di Brescia. Ma sono infiniti, a centinaia, i gazometri Badoni sparsi per tutta Italia, i ponti ferroviari, le aviorimesse militari, le rotaie pensili, i ponti stradali, fissi, girevoli, apribili, le dighe di sbarramento, le antenne per le più potenti stazioni radio, i serbatoi, le piattaforme girevoli, gli alti forni, gli impianti completi di potenti officine a gas. Una visione fantastica e pur concreta di vivente realtà si stacca dalle valli, dai monti, dai golfi, dai laghi, e si solleva e si presenta a noi come un mondo popolato di forme ferree potenti, attive, lancianti il lavoro, le industrie, i traffici da un capo all'altro della penisola. Visioni di guerra, visioni di lavoro, ed anche visioni di pace agognata dal cuore umano. E su i cantieri, su gli scali, su le tettoie, su le aviorimesse, su gli elevatori, la città, non la città tentacolare dei romanzieri morbosi ma la città moderna, fascista, affaccia il suo volto virile, di vita strenua, equilibrata ed eletta, presentando pure qua, fra queste fotografie, il Palazzo di Piazza Fiume in Milano, uno dei più notevoli esempi di costruzioni civili a scheletro metallico; visioni a cui il nostro animo di lombardi, d’Italiani, d’Europei, s'innalza come verso una luce solare, e al di sopra di ogni pessimistica e scettica nebbia, sente il grande valore della razza umana ed i suoi alti destini.

4a Quinquennale di Lecco - 1937

4a Quinquennale di Lecco - 1937

4a Quinquennale di Lecco - 1937

4a Quinquennale di Lecco - 1937

4a Quinquennale di Lecco - 1937

4a Quinquennale di Lecco - 1937


Pubblicità BADONI su "Rivista di Lecco" - 1925


Badoni - Lecco - 1925


Pubblicità BADONI per 3a Quinquennale di Lecco - 1932


Badoni - Lecco - 1932

Badoni - Lecco - 1932

Badoni - Lecco - 1932


Pubblicità BADONI su "Strenna di Lecco 1937" - 1936


Badoni - Lecco - 1936


Pubblicità BADONI su "Rivista di Lecco" - 1937-1941


Badoni - Lecco - 1937

Badoni - Lecco - 1938

Badoni - Lecco - 1938

Badoni - Lecco - 1938

Badoni - Lecco - 1938

Badoni - Lecco - 1939

Badoni - Lecco - 1939

Badoni - Lecco - 1939

Badoni - Lecco - 1940

Badoni - Lecco - 1940

Badoni - Lecco - 1940

Badoni - Lecco - 1941

Badoni - Lecco - 1941

Badoni - Lecco - 1941

Badoni - Lecco - 1941


Pubblicità BADONI - 1948


Badoni - Lecco - 1948

Badoni - Lecco - 1948