Stato di conservazione: ora si
può dire buono, dopo i recenti lavori di risanamento
murario ed i restauri eseguiti ottimamente dal prof.
Ottemi della Rotta. Non
cè forse pittore provinciale che abbia operato in
Lombardia sul finire del 1400, che non sia debitore in
qualche modo di Vincenzo Foppa; il grande maestro
bresciano che trasmise ai pittori della sua cerchia,
oltre ad una nuova sensibilità luministica, la lezione
prospettica ed il rigore plastico del Mantegna.
Gli affreschi di Chiuso, per più ragioni, sono
attribuibili ad uno dei pittori operanti nellorbita
foppesca; Giovanni Pietro, da Cemmo in Valcamonica. La
Crocefissione, costipata di figure, cavalli, stendardi,
angeli, alabarde e cartigli, rivela la sua affinità con
quella dipinta da Giovanni Pietro a Esine anche nel
disegno dei nudi, nei panneggi delle donne e ancora di
più in quel modo di gestire dei personaggi secondari di
questo palcoscenico popolaresco, irto di gesti
accentuati, di bocche spalancate e di barbe feroci;
cè il medesimo impaccio nel disporre gli angeli,
anche loro in pieno melodramma, alterati e contorti per
poterli incastrare nel poco spazio che rimane libero
attorno ai bracci della croce. Si potrebbe dire che la.
crocefissione di Chiuso è meno ieratica di quella
dipinta da Giovan Pietro a Borno di Valcamonica, ma è
certo meno cal]igrafica di quella da lui dipinta a Esine:
più vera per lo svolgersi più spontaneo degli stendardi
e per la stanchezza assolutamente umana del volto del
Crocefisso, come in attesa di riposo. Ai lati del
Pantocrator, chiuso nella mandorla iridata, i quattro
dottori della Chiesa sembrano invece divenuti il pretesto
per soddisfare finalmente quellesigenza di « interno
» che il dramma della croce non consentiva. Un
interno a cavallo fra il casalingo e il surrealista e che
vede accostati certi armadietti socchiusi cari alle «
annunciazioni » allo straordinario impianto
monumentale di un trono marmoreo goticheggiante e
prospetticamente un po acerbo. Anche qui non sono
difficili da trovare gli accostamenti ad altre opere di
Giovan Pietro da Cemmo, a cominciare dal modo di
descrivere gli elementi di contorno, analoghi a quelli
usati dal maestro nellAssunta della Chiesa di
Borno. Laria di indulgente scetticismo, già nota
in altre figure di Giovan Pietro, che fa alzare un poco
le sopraciglia ai quattro scriventi imprigionati nel loro
splendido arredamento, sì ritrova in alcune delle figure
di profeti che fasciano larco del presbiterio;
ciascuno di questi, affacciato ad una apertura gotica,
sventola senza convinzione il proprio cartiglio, con una
espressione appena poco più contenuta di quella messa in
viso alle « Sibille » che il nostro
pittore dipingerà un poco più tardi, (nel 1493) in
analoga composizione, nella chiesa di Biennio.
Bibliografia :
U. Nebbia « Note darte in. Valcamonica » rn: «
Rassegna darte », 1912.
Malaguzzi-Valeri « Nuovi affreschi lombardi del
400 » in: « Rassegna darte », 1914.
A Sino « Intorno at pittore Giovan Pietro da Cemmo e
alla sua famiglia » in: « Memorie storiche della
diocesi di Brescia »,
XIV 1947.
5. Barni « I da Cemmo pittori di Val Camanica » in:
Archivio Storico Lombardo », 1950.
C. Baroni-S. Samelc Ludovici « La pittura lombarda del
quattrocento » Messina-Firenze, 1952.
M. L. Ferrari « Glovan Pietro da Cemmo » Milano,
Ceschina, 1956.
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